Il calcio è uno strumento di aggregazione e inclusione sociale, ma anche una via di fuga o una salvezza da realtà disagiate. È uno di quegli sport che può togliere i ragazzi e le ragazze dalle strade, sconfiggendo la criminalità.
I punti di vista sul calcio sono diversi, ciascuno può essere pacifico e dovuto da gusti, preferenze, passioni, ma se ci fermassimo a questi rischieremo di stare in superficie, come quando si sostiene che ciascuno difende il proprio e che pertanto la verità sta nel mezzo.
Non è una questione di verità perché occorre considerare l’intero contesto per avere chiaro quel rapporto di cause-conseguenze e quell’impatto positivo sulla società che gli sport come il calcio posso offrire.
Unendo tutti i punti si possono infatti scoprire anche storie di sacrificio, di impossibile che è diventato possibile, del rifiuto di arrendersi e della forza di vivere che diventano più forti di tutto il resto.
In questo cammino svolgono un ruolo fondamentale i punti di riferimento che contribuiscono alla crescita personale, sociale e morale.
Fonte foto: Atalanta Quipapá. Da sinistra verso destra: Wyldson, Dennys Sávio, Marcella Thamara, Téo Junior e Danienio Rodrigues
L’Atalanta Quipapá ha tutto questo.
Il motto della società è rispetto, uguaglianza ed inclusione che è emerso poco dopo la creazione delle squadre giovanili e della scuola calcio, dove l’Atalanta Quipapá lavora con ragazzi dai 5 ai 20 anni. Il motto è sorto come incentivo alla socializzazione dei bambini, dove nel calcio tutti si divertono assieme. All’interno del gioco non c’è niente che possa dividere, come la classe sociale, il colore della pelle, la religione. Tutti si divertono assieme con il calcio.
L’Atalanta Quipapá ha alcuni atleti autistici con testimonianze dei loro genitori in base alle quali, dopo aver cominciato a frequentare la scuola calcio, il loro comportamento è migliorato molto. Quindi, il motto è incentrato su questo aspetto, sul dovere sociale nei confronti della città. È un modo per ricambiare tutto l’affetto che il popolo dell’Atalanta Quipapa nutre per la squadra. Come accade con Bergamo, si sente quel sentimento d’orgoglio per la Città, l’Atalanta e i colori. Il calcio è un modo per l’Atalanta Quipapá per dimostrare che siamo forti quando siamo uniti.
Le squadre giovanili sono coordinate da giocatori che militano nella squadra principale e che fungono da punti di riferimento. Nella foto, sono, da sinistra verso destra, Wyldson, Dennys Sávio, Marcella Thamara, Téo Junior e Danienio Rodrigues. Vi è poi anche la figlia di Dona Maninha.
Le squadre giovanili si allenano in una palestra messa a disposizione dalla scuola Dr. Fernando Pessoa de Melo. Non hanno ancora una buona struttura, né orari sull’unico campo di calcio della Città, per poter fare un lavoro più solido, mirato e per poter allenare i giovani in un campo da calcio, ma all’orizzonte si può vedere il desiderio di migliorare le strutture.
L’Atalanta Quipapá cerca il più possibile di portare i giovani a giocare nelle competizioni di base, nella speranza che qualche giocatore manager li scopra e che possano inseguire il loro sogno di diventare calciatori professionisti, come accaduto nell’Atalanta della nostra Bergamo a molte promesse, tra le quali Giorgio Scalvini e Matteo Ruggeri.
La realtà in cui gioca l’Atalanta Quipapa è la Copa Palmares, che è una competizione regionale, dove la squadra affronta le migliori formazioni delle città vicine.
Fonte foto: Atalanta Quipapá.
La Copa Palmares sarebbe la nostra Champions League in Europa.
La Città ha sempre avuto grandi talenti che non venivano purtroppo valorizzati e utilizzati nel calcio professionistico. La gente è molto povera, non ci sono club professionistici nelle vicinanze, ma quello che fa l’Atalanta Quipapá è cercare di creare opportunità per questi ragazzi, aiutandoli nella loro formazione, da quando cominciano a toccare la palla fino alle competizioni.
Quello di cui siamo spettatori è un’ennesima opera sociale che aiuta a formare questi ragazzi come cittadini, tenendo la loro mente occupata con il calcio ed evitando il grosso rischio che siano risucchiati dalla criminalità.
Questa squadra di allenatori-giocatori ha avuto uno degli strumenti principali nella loro infanzia e adolescenza presso una scuola calcio. Oggi, quello che fanno è restituire, in modo un po’ più organizzato, alla Città, ciò che il calcio ha fatto per loro.
Voglio ringraziare sentitamente tutte le famiglie dei ragazzi che mi hanno concesso la possibilità di pubblicare la seconda foto con i loro figli, senza la quale questo articolo non sarebbe stato possibile.